/ PRESENTATION

STORM OF LIGHT AND FIRE STONES

di Francesca Baboni e Stefano Taddei

In Mattia Turco, la rappresentazione è come una vibrazione che va assecondata e ricercata, poichè si nasconde in ogni anfratto. E ciò che stupisce è la naturalezza con cui l'artista fa risuonare i toni, come su spartiti musicali. Davanti a tali opere, la scelta dell'astrazione pare assecondare una visione che ottenebra una chiara identificazione, ma sbaglieremmo a considerarla soltanto in questo modo. Sussulta difatti un battito di colori che appaiono e scompaiono, al limitare di una galassia cromatica che trova sempre nuovi buchi neri da colmare col fervore di nuances ulteriori. L’iconografia si cancella e si ripropone come mera apparizione, un piccolo momento che si lega ad un tuono misurato di tinte, infinito in mezzo alla nostra finitezza. Ci troviamo davanti ad una sorta di archeologia del sentire che passa attraverso una sedimentazione di varie coloriture che successivamente si sbrecciano in diversificati rivoli sensoriali.
Sembra di essere al cospetto di una esplicita vibrazione del suono, che si fa soggetto ma senza concrete significazioni. La vista, davanti a queste opere, si trova in perenne movimento, alla ricerca di appigli immaginari che si trasmutano in ancore per la percezione. Ma non tutto è come sembra nel mostrare il carattere visionario di un lavoro artistico che presenta virtuosismi di sorta. L’apparire cambia continuamente, disperdendosi esteticamente in innumerevoli rivoli.
C'è un dialogo sotteso tra il frastuono e il visivo, mentre l'artista lavora per sottrazione, aggiungendo e togliendo strati di olio e pastello, registrando la comunicazione nell'ultimo strato, il nero, che paradossalmente viene nascosto. Alberto Burri affermava come i neri siano più di uno, e nell'opera di Mattia Turco si vanno a fondere con le cromie, scomparendo nel risultato finale.
I contrasti coloristici amplificano la portata di quanto detto prima. Vi è una frequenza che muta, mutando il mutante. I colori sono forti, giocati sugli opposti, ma il gesto pittorico è delicato, con i singoli dettagli che vengono cancellati. L'ultimo strato è come una sorta di fermo immagine/registrazione di quell’immenso magma che pulsa da sotto la superficie.
Scrive Julian Bell che "le pitture ci presentano la visione di cose che potremmo vedere in altro modo" . Vedere "in altro modo" permette la perdita parziale del controllo, che va a significare l'attesa del risultato. L'attuazione, legata a un metodo di ricordo, provoca tempeste, flash di luce, bagliori improvvisi, sequenze di pattern che mischiano assieme gas, pietre risuonanti che creano interferenza, luminosità nell'illusione ottica di piani.
L'aspetto interessante è quello di riscontrare come un campione di skateboard scelga un'iconografia che va da tutt'altra parte stilistica rispetto a quella classica e illustrativa legata alla sua disciplina, ma nello stesso tempo ne completa il percorso. Tutto ciò che accade sulla superficie non è fortuito. E' un combattimento elettrico tra pulsazioni intermittenti, come quelle della strada urbana e dei muri, che riecheggiano in modo assordante.
Il mondo privato, interiore ed estremamente poetico di Mattia Turco che si riversa sulla tela è misurabile con un frequenzimetro di musica universale. Ci presenta un margine di inaspettato che ci sorprende ed è esattamente perfetto nella sua compiutezza.

STORM OF LIGHT AND FIRE STONES

by Francesca Baboni e Stefano Taddei

In Mattia Turco, the representation is a vibration to be indulged and researched, as it conceals itself in every ravine. The artist’s effortless play with hues is what amazes, they reverberate as if on music sheets. Before such works of art, the choice of abstraction appears to pander to a vision that obscures a clear identification, but we would be mistaken, were we not to venture any further in our contemplation. A beat of colours pulses as they appear and disappear, at the threshold of a chromatic galaxy that always finds new black holes to fill with the fervour of further nuances.
The iconography erases itself only to return as a mere appearance, a single moment bound to a measured thunder of colours, infinite amid our finitude. We find ourselves witnessing a sort of archaeology of listening passing through a sedimentation of various colouring before splintering in diversified sensorial rivulets.
It appears we are in the presence of an explicit vibration of sound, one that is made subject without concrete significations. At the sight of these pieces, the eye finds itself in constant movement, looking for imaginary footholds that transmute into anchors for perception.
Not everything is as it seems in revealing the visionary character of a work of art that presents virtuosities of sorts. The appearing act keeps changing, aesthetically dispersing itself in innumerable rivulets.
There is a dialogue subtended between the noise and the visual, whilst the artist works by subtraction, adding and removing layers of oil and pastel, recording the conversation on the last one, the black layer that is then paradoxically hidden. Alberto Burri affirmed how blacks are more than one, and in Mattia Turco’s work they merge with the shades, disappearing in the end result.
Coloristic contrasts amplify the reach of everything aforementioned. There is a frequency that mutates, mutating the mutant. Colours are vibrant, played on the juxtaposition of opposites, but the pictorial gesture is delicate, with single details being erased. The last layer poses as a still image/recording of that immense magma that pulses beneath the surface.
To see in another way allows for the partial loss of control, signifying the anticipation of the outcome. The actualisation, born out of a mnemonic method, causes storms, flashes of light, sudden glares, pattern sequences that mix together gas, reverberating stones creating interference, luminosity in the optical illusion of planes.
The interesting aspect is observing how a skateboard champion chooses an iconography that moves in an entirely different stylistic direction compared to the classic and illustrative one associated with his discipline, yet simultaneously completes its journey.
Everything that happens on the surface is not fortuitous. It is an electric battle between intermitting pulsations, reminiscent of the urban street and the walls, that deafening reverberates.
The private, inner and extremely poetic world of Mattia Turco that reveals itself on the canvas is measurable only with a frequency meter of universal music. It presents us with an unexpected edge that surprises us and is exactly perfect in its completeness.

Fanzine
Storm of light and fire stones
Di Mattia Turco

Ad integrazione della mostra Storm of Light and fire stones di Mattia Turco, SpazioC21 in collaborazione con SStars ha realizzato una pubblicazione omonima in 100 copie tutte diverse, numerate e firmate dall’artista. Composta con carte e materiali diversi e ricca di interventi pittorici, questa succosa fanzine rivela suggestioni continue al lavoro dell’artista, regalando al fruitore una chiave di lettura alle sue opere. Ogni copia è confezionata sotto vuoto.

Milano, 2022

Edizione di 100 esemplari

Incisione
Unspoken words
Di Mattia Turco

L’opera rivela senza che nulla appaia, come un sussurro, un codice silenzioso intimo e personale…

Incisione su carta Hahnemuhle 300gr
Milano, 2022
Edizione limitata in 30 esemplari
Cm 71 x 53

Mattia Turco

(Cuneo 1987)

Talento dello skateboarding italiano. Promettente e poliedrico artista astratto.
Mattia Turco si avvicina precocemente alla pittura. Ha solo 16 anni quando inizia le prime sperimentazioni, ricercando un linguaggio personale che declina su una varietà di supporti.
Il contesto metropolitano nel quale cresce ha una profonda influenza sull’evoluzione della sua estetica e sulle occasioni nelle quali compie i primi passi nel mondo dell’arte.
Nella primavera del 2016 è invitato a dipingere nella sede del Bastard Store di Milano, in occasione dei 50 anni di Vans, marchio leader nello street wear giovanile. Ad ottobre 2018 realizza la sua prima mostra personale alla Don Gallery di Milano presentando un corpus di tele astratte nelle quali il nero di fondo vibra tra scale di colore e frequenze scolpite sull’olio. La dimensione più intima della pittura di Turco è in totale sintonia con le evoluzioni che esegue con la tavola (da skate) nello spazio metropolitano in cui si esercita.
Sue opere sono state già acquisite da collezioni private sia in Italia che all’estero.
Vive e lavora a Milano.